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mostra on line 2020





Di Luca Sinescalco

ESOTISMO MISTICO – l’arte di Natalia Jacquounain

"L’esotismo è tutto ciò che è altro, significa aprirsi all’estraneità dell’Altro e sentire se stessi, tra gli altri, rivestiti di un’estraneità inquietante"

(Victor Segalen, Saggio sull’esotismo)

Artista visionaria, dallo stile autentico e personale, Natalia Jacquounain riunisce nelle sue creazioni una molteplicità di riferimenti artistici e di esperienze esistenziali.

Fra gli spunti e le influenze dei maestri della storia dell’arte contemporanea, sono tre, a nostro avviso, le grandi avanguardie di cui le sue opere, come gemme della medesima pianta – quella dell’Arte occidentale – si alimentano: cubismo, espressionismo e surrealismo.

Riferimenti, questi, che si succedono nelle diverse fasi creative di Natalia Jacquounain, ma che sovente sono presenti, al contempo, nella medesima opera, modulando ritmicamente le proprie aree di influenza estetica.

La lezione del cubismo, infatti, emerge prevalentemente nella risoluzione geometrica delle forme spaziali e di certi dettagli compositivi; la tradizione espressionista si mostra invece nell’intensità delle figure umane rappresentate, di cui è il lato emotivo, più che la mimesi descrittiva, a essere oggetto di studio; il magistero surrealista, infine, accresce d’intensità l’impalpabile clima onirico che pervade le tele.

In particolare, se «Surrealismo è automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone di esprimere (…) il funzionamento reale del pensiero (...) con l’assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di là di ogni preoccupazione estetica e morale» (André Breton), l’opera della Jacquounain risolve in forme eteree e leggiadre le pulsioni dell’inconscio, con evidenti rimandi all’immaginario iconico e fantasmagorico di Salvador Dalí.

Questa peculiare simultaneità stilistica può essere scandagliata nella più che quarantennale esperienza creativa ed espositiva dell’artista – le cui numerose mostre, personali e collettive, hanno avuto luogo in prestigiosi contesti espositivi, in Francia, Italia e Svizzera (Basel Art).

Qui si propongono, frammisti, diversi filoni creativi, entro cui i riferimenti storici sopra elencati si rincorrono in un gioco di danze e rimandi – à la Chagall: dalla prima fascinazione per le nature morte alla serie di dipinti “Violoncello nero” e “Violini d’autunno” (ispirati a un’incisione dell’artista inglese William Hogarth), dalle vivaci e geometriche sculture ai paesaggi, dalla serie totemica di “Foresta urbana” alle più recenti “Goticus” e “Fauselle (o la falsa realtà)”.

È proprio in questi ultimi percorsi estetici che emerge con maggior rigore stilistico e compositivo quella tendenza che abbiamo definito “esotismo mistico”: una pulsione di carattere spirituale, rivolta al sacro e al numinoso (il mysterium tremendum di cui Rudolf Otto ci ha lasciato mirabile descrizione ne Il sacro) che si rispecchia nell’Altro e dall’Altro promana.

Una indagine, questa, che sviluppa elementi iconici di tipo esotico e arcaico, in una tipizzazione archetipica di figure chiave del nostro inconscio collettivo.

A emergere è una ricerca – dai tratti utopistici e nostalgici – di quel Centro permanente che la modernità pare aver escluso dai propri orizzonti e l’esperienza dell’individuo tocca solo fugacemente, nei giorni in cui i fantasmi del proprio animo turbato lasciano il posto agli angeli dell’avvenire.

Così, anche quando il tema affrontato nella sua arte è il reale, le risposte univoche e monotoniche sono rifiutate con decisione, in favore della contemplazione del Mistero: l’enigma dell’essere, entro cui quanto appare oggettivo si rivela essere un sogno, mentre gli specchi, ossessivamente tratteggiati dall’artista, annunciano paradossalmente una realtà densa e concreta, non può essere sciolto dall’arte, ma soltanto messo in mostra, esibito.

Semplicemente. «Quel che importa – possiamo infatti concludere con Ernst Jünger – non è vedere la soluzione, ma l’enigma».

(Gli altri testi sulle opere di Jacquounain di Luca Sinescalco)